mercoledì 27 maggio 2009

La forza della libertà. Risposta a Franco Pagnoni.

L'articolo di Franco Pagnoni a cui Stefano Maffei
si riferisce lo trovate cliccando qui.
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Caro Franco, nel primo numero de “Il Provagliese” cercavi consigli.

Tanti giovani italiani, scrivi, ritengono di trovare all’estero opportunità maggiori che in Italia e qualcuno, all’atto di andarsene o dopo qualche tempo, vive la propria scelta esterofila con un filo di rammarico, quasi un senso di colpa per lasciare il paese che li ha formati ed educati. “Tranquillo”, rispondi a chi ti manifesta questo disagio “resta pure dove sei, se hai trovato qualcosa che ti soddisfa”. Consigli a chi ha tanta esperienza più di me faccio fatica a darne, Franco.

Ma la tua lettera mi ha colpito, perché nell’Università in cui lavoro, a Parma, tanti ragazzi appena laureati si fanno avanti con gli stessi dubbi, le stesse speranze a cui accennavi nel tuo scritto. Per me è facile capirli, perché quei dubbi e quelle speranze erano anche le mie, solo qualche anno fa.

Nel 1999 ho ritirato nella segreteria dell’Università di Pavia il “pezzo di carta” che mi consegnava la laurea in legge. Non c’è voluto molto per comprendere che senza entrature, raccomandazioni o una indole da “yes man” (l’inglese per “leccapiedi”) tante porte sarebbero state chiuse. Ma non è stata la paura, credo, a suggerirmi la strada. Chi parte lo fa perché la voglia di libertà è qualcosa di irrefrenabile. E perché la libertà spesso è anche curiosità.

Sono andato in Inghilterra per continuare gli studi per un po’. Ho finito per rimanere all’estero per cinque anni tra Atenei e un lavoro in una organizzazione non governativa impegnata nel settore della cooperazione internazionale. Tutti i giorni, su internet, leggevo la pagina del giornale di Brescia e credo che, se fossi ancora là, oggi leggerei anche le colonne del Provagliese. Non mi sono mai sentito lontano e mai ho pensato che la distanza togliesse qualcosa della mia brescianità, di cui sono così fiero. Nel 2005 la scelta di tornare è stata motivata dalle stesse ragioni che avevano ispirato la partenza. Sfidarsi, provare, senza paura.

L’Italia è un paese che ha vissuto di paura troppi anni dell’ultimo secolo. Paura delle guerre, paura del terrorismo, paura della mafia. Oggi la globalizzazione inventa e infonde nuove paure: la paura del diverso, dell’immigrato, del pedofilo. La paura del crimine violento, pensa, è alta nonostante gli omicidi in Italia siano il 30% in meno che negli anni ’70. Ora ci si mette anche la paura di invecchiare, di non essere “belli”come le star del cinema e della tv.

Secondo me un Paese che ha paura è necessariamente un Paese schiavo dei propri governanti e della politica “di regime”.. Per questo amo tanto gli americani che, mi sembra, hanno dimostrato il coraggio di cambiare rotta, ricominciando da capo nei momenti più terribili (leggi “11 settembre”), e facendo autocritica dopo gli errori più imperdonabili (leggi “Guantanamo Bay”).

Ma la voglia di libertà è più forte della paura e anche ritornare, per chi è via, non è poi così difficile.
Certo, chi ritorna vorrebbe mettere a frutto quanto imparato all’estero. E’ possibile. Nel mio caso, con alcuni amici abbiamo ideato un corso di inglese giuridico per avvocati e commercialisti, che ora è diffuso qua e là in Italia. E’ stato un piccolo successo, alla faccia di chi di tanto in tanto mi canzona, quando mi lamento, con un sonoro: “potevi startene da dove sei venuto”.

La mia risposta a quei ragazzi è la stessa che dai tu, Franco. Con una sola aggiunta..Coraggio, mai abbassare la testa e mai avere paura di cercare fino in fondo la propria libertà! In Italia, all’estero. Dovunque.

Stefano Maffei,
33 anni
http://www.maffeistefano.it

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