Chi legge, associando il titolo alla campagna elettorale comunale in corso, magari ora si aspetta una mitragliata di insulti contro i candidati locali. Chi scrive, però, ha altri programmi. Anzi, per gli aspiranti amministratori, nutre il massimo rispetto e la più viva riconoscenza. Purché, ovviamente, essi abbiano in cima ai loro pensieri i problemi dei 7.000 Provagliesi, flagellati dalla crisi, e abbiano elaborato progetti credibili per risolverli. In caso contrario, non sarebbero comunque gli insulti a impedire che i disastri materiali, sociali e morali, prodotti dalla crisi, siano aggravati, invece che alleviati, da un Comune in mano a gente sguarnita di quanto detto. Di fronte a tale esecrabile eventualità, chi ha a cuore il bene comune è inutile che perda tempo in giaculatorie ingiuriose. C’è altro da fare per coltivare le ragioni della vita. Come si motiverà qui di seguito, sulla base di una riflessione globale.
“La parata degli Imbecilli”, da cui tale riflessione prende il titolo, è quella che chiude un capolavoro settecentesco della letteratura italiana, “Il giorno” di Giuseppe Parini. Si tratta di una passerella di esponenti della Nobiltà, colti in atteggiamenti che ne denunciano appunto l’inguaribile e grottesca idiozia. Gli Imbecilli pariniani, con le loro parrucche incipriate -un 5% della popolazione- costituivano allora la classe dominante. Monopolizzavano la ricchezza e le poltrone del comando, senza svolgere alcuna funzione socialmente utile. Al contrario, costringevano la società a servir loro agi e piacevolezze varie, in cambio di pidocchi. Una classe oziosa di mantenuti di lusso, convinti di essere una razza diversa e superiore. E convinti che Dio stesso avesse decretato questo stato di cose. Perfetti imbecilli, a presidio di una realtà assurda e mortificante. Non a caso, qualche anno dopo, le Testoline di cipria cominciarono a rotolare sotto la ghigliottina. E nacque un nuovo sistema. Il nostro.
Dopo duecent’anni, si direbbe che anche in questo stia emergendo un ceto di Parrucche incipriate. Tutti i dati confermano che la ricchezza, col suo potere condizionante, sta concentrandosi in pochissime mani. In particolare, mostrano che tale concentrazione di ricchezza non deriva da meriti sociali, da lavoro manuale, intellettuale o imprenditoriale socialmente utile, ma in gran parte dalla speculazione finanziaria, quindi da una attività truffaldina che risucchia, attraverso il sistema globale delle Banche e delle Borse, la ricchezza altrui e la cassa comune degli Stati. Siamo, dunque, in presenza di un nuovo, ristrettissimo (a dire 5% si esagera) ceto di parassiti, il cui tratto distintivo non è il FARE socialmente utile, ma l’ARRAFFARE la roba d’altri. Non a pro della collettività, ma per garantirsi sfizi eclusivissimi. Il che costringe necessariamente a DISFARE quanto non è funzionale a tali sfizi, ossia le attività produttive, i servizi, gli istituti democratici che servono al restante 95% di umanità. All’origine di molti disastri che stiamo vivendo sta l’ascesa di questa nuova cricca di Incipriati, i quali naturalmente vorrebbero far credere che ciò sia frutto della volontà divina, sebbene il dio ora chiamato in causa non sia più Quello delle religioni, bensì un dio ancora più misterioso e inafferrabile dell’Altro: i Mercati, al plurale (che hanno scassato anche IL più noto mercato, al singolare). (Una documentatissima descrizione del fenomeno sta, ad esempio, in: F. Rampini, “Banchieri. Storie dal nuovo banditismo globale”, ed. Mondadori, 2013)
Il consolidarsi di un club ristretto di Teste incipriate -vale a dire la concentrazione parassitaria della ricchezza in pochissime mani- è sempre una campana da morto. Quando un sistema sociale mostra di non poter più funzionare come prima -e mentre molti si illudono di poterlo tener su con rattoppi-, i Parrucconi sono gli sciacalli che, approfittando cinicamente della sua impasse, lo finiscono del tutto per prendersi la polpa che fa comodo a loro. In effetti, il sistema edificato negli scorsi due secoli non poteva più funzionare, ad esempio perché il suo produttivismo-consumismo senza limiti, pur alimentandosi con le risorse del mondo intero, ne avvantaggiava solo una piccola parte e tuttavia era arrivato al punto di compromettere la vitalità del pianeta. Si è scatenato allora l’arrembaggio (“deregulation!!!”, ricordate?) alla ricchezza comune, cominciando dallo sfruttamento delle nuove tecnologie per condurre spregiudicate speculazioni finanziarie. Non in nome di un sistema più giusto ed efficiente per tutti. Ma con uno spirito amorale e asociale di rapina che non si fa scrupolo di immiserire e precarizzare l’umanità intera. Senza contropartite. Lo spolpamento puro e semplice del vecchio sistema per consentire a un pugno di sedicenti Esseri Speciali di incipriarsi la parrucca, indifferenti a quel che sarà delle donne e degli uomini che non serviranno a produrre la cipria. Essi non annunciano un mondo nuovo, ma la macellazione del vecchio. Essi non sono che i Gran Cerimonieri di un funerale sistemico e di massa (esagerato? aspettiamo qualche taglio ancora alla sanità, all’occupazione e agli stipendi, e poi vedremo).
Cosa fare? A distanza, possiamo dire cosa fecero i nostri antenati per liberarsi dagli Imbecilli di pariniana memoria. Ad essere decisiva non fu la ghigliottina, che colpì anche -come dice il filosofo- alla cazzo di cane. Non lo furono nemmeno le denunce indignate (di Alfieri), gli sberleffi (di Bertoldo), le ironie pungenti (della “Parata degli Imbecilli”). Ad essere decisivo fu il grande dibattito di idee chiamato Illuminismo, autogestito dal basso in centinaia di circoli spontanei liberamente collegati tra loro. Un dibattito che, distogliendo lo sguardo dal mondo imparruccato, immaginò un altro orizzonte, altre possibilità, un altro mondo. Cioè valori nuovi, a cominciare da liberté, fraternité, egalité, e concreti progetti di riforma ad essi ispirati. Parini stesso non passò la vita a raccontare parate di Imbecilli, ma si occupò di salute pubblica, di riforma della scuola, di riforma agraria. Fu quell’idea di mondo diverso e possibile a suscitare e tener vive le energie necessarie per costruire, pur tra mille difficoltà, un nuovo mondo reale, proprio come l’idea di una Terra Promessa e un patrimonio di valori condivisi (l’Arca dell’Alleanza) originarono nel popolo di Israele le energie e le capacità per attraversare il mare e il deserto, e per guadagnare un nuovo cielo e una terra nuova.
Anche oggi, pare questa la strada da imboccare ed effettivamente imboccata da molti, dai quali il sottoscritto stesso ha imparato a ragionare come fa. Distogliere lo sguardo dal vecchio sistema inceppato e dall’orrendo spettacolo dei Parrucconi che lo stanno vampirizzando (e anche dai rispettivi servi, ovviamente). E guardare altrove, verso orizzonti diversi e respirabili. E’ illusorio ritornare a un sistema che ormai offriva consumi scriteriati all’Occidente, il sottosviluppo al resto del mondo e la distruzione al pianeta. Ma è folle concludere che, allora, l’unica alternativa sia quella imbecille di rottamarlo a vantaggio di un 5% di umanità, irresponsabile nei riguardi della restante. Lo svergognato cinismo degli Imbecilli rischia di tramortirci e annichilirci al punto tale da convincerci che questa sia una realtà ineluttabile e necessaria. Tale, naturalmente, non è, ma tale diventerebbe solo se noi tale la crediamo, solo se noi guardiamo sempre e solo lì, sia pure per vituperarla, senza mai guardare altrove, senza mai prefigurare una alternativa a nostra misura. Ci vuole -ma già è in atto- un moderno Illuminismo. Ci vogliono -ma già ce ne sono moltissimi- circoli, laboratori, cantieri, attivati autonomamente dai Senza-Parrucca per prefigurare e fondare un altro mondo. (Un loro campionario si trova, ad esempio, in: E. Campiglio, L’economia buona, Bruno Mondadori, 2012).
Se la presente analisi pare infondata, basta mandare al diavolo il sottoscritto, che resta tutt’orecchi in attesa di una più convincente. Se essa, invece, pare fondata, allora… Allora, dovremo, certamente, impedire (vedi la Tobin Tax) che gli Incipriati accumulino altra refurtiva e dovremo recuperare quella già incamerata. Ma, prima di tutto, dobbiamo chiederci “per far che?”, “per andar dove?”. Senza un’idea alternativa di mondo, senza una prospettiva diversa sia dal vecchio mondo, ormai irrecuperabile, sia dalla mangiatoia parruccona, noi siamo destinati a subire quest’ultima. E, allora, E’ IL CASO che li facciamo noi, i conti giusti, col vecchio mondo e con quelli più vecchi ancora. E’ IL CASO, innanzitutto, che ci prendiamo quella loro ricchezza -di cui gli Imbecilli vogliono invece disfarsi-, costituita dagli altissimi valori elaborati dall’umanità per dar senso alla vita, facendone la nostra Arca dell’Alleanza: la dignità della persona, libertè, fraternitè, egalitè, l’ambientalismo, la sapienza bistrattata delle donne e delle madri, le fedi. E’ IL CASO, poi, che finalizziamo a questi valori, e non a sfizi imbecilli, un’altra ricchezza, prodotta dai vecchi mondi e diffusa al 95% tra noi: le conoscenze e le competenze (scientifiche, tecnologiche, operative, imprenditoriali, creative, socio-umanistiche). E’ IL CASO, infine, che facciamo emergere la nostra voglia di vivere, il nostro amore per la vita e i viventi, per la natura e la bellezza, e questa, forse, è l’operazione più difficile, perché il terrificante scenario di insensatezza predatoria degli Imbecilli sta instillando in noi un oscuro cupio dissolvi, uno strano gusto di annientamento, di disfacimento, di rinuncia. E’, insomma, IL CASO che ci incamminiamo risolutamente verso altri orizzonti, concretizzandoli in progetti precisi. L’urgenza, la priorità assoluta, oggi, è questa: volgere le spalle al Nulla Incipriato, per pensare e cantierizzare il mondo nuovo.
Anche a Provaglio. Adesso.
Franco Pagnoni