mercoledì 15 aprile 2009

La casa grande

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Autore: Mohammed Dib
Editrice: Feltrinelli

Questo libro rappresenta la trilogia di un’opera che è anche la storia di una presa di coscienza dell’Algeria e degli algerini della inevitabilità di una lotta di liberazione per affrancarsi dall’occupazione coloniale francese.

La collocazione del contesto nel quale si svolge la storia, almeno del primo libro, è quello di una cittadina al confine dell’Algeria con il Marocco, Tlemcen, e più specificatamente in un quartiere tra i più poveri: Dar-Sbatar. Qui, in una casa che appare quasi come l’antro di una caverna, abitano Aini, la madre vedova, i suoi figli, con Omar che è il protagonista di tutta l’opera, e la nonna. Ma la vera padrona, il personaggio che ha un ruolo di incontrastata centralità, è la fame.

Il libro è una continua e ossessiva ricerca di cibo che non basta mai, nonostante la madre, Aini, lavori fino allo sfinimento. Questa assenza di cibo è così viva nel libro da diventare, a volte, un elemento reale, fisico, concreto. Questa povertà estrema si coniuga con la esigenza di giustizia che viene rappresentata da un personaggio che assume, via via, un connotato mitico: Hamid Saraj. Egli sa leggere, ha girato il mondo e il rispetto per un uomo di conoscenza che pure è dei loro ne aumenta il rispetto.

Omar ascolta gli adulti, ascolta anche Hamid Saraj, impara anche a leggere, ma non può che continuare a porsi la domanda perché a essi sia dato come destino questo stato di povertà e questa fame.

Una fame che sa diventare crudeltà, come, ad esempio, nel rapporto tra Aini e la madre che diventa il capro espiatorio della situazione nella quale si trova a vivere. L’autore arriva a scrivere pagine dove l’odio giunge a livelli raccapriccianti.

Quando la nonna si ferisce, viene lasciata in uno stato di completo abbandono fino a produrre un’infezione gravissima della quale nessuno, comunque, si preoccupa.

La fame e anche questo abbruttimento, convincono Omar a lasciare Dar-Sbatar e Tlemcen.

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