martedì 23 giugno 2009

In-formazione

__________ di Dario Pagnoni _________________________

Oggi le persone, in particolare quelle più giovani, credono che lo stato di benessere in cui ci troviamo sia qualcosa di scontato, qualcosa che si automantiene o che comunque non richiede sforzi eccessivi e specifici. In realtà, per mantenere in vita la Democrazia, serve un grande sforzo collettivo e costante; serve manutenzione.
In primo luogo, è fondamentale il controllo vigile dell'opinione pubblica. Per via di questa necessità di manutenzione e sostegno attivo delle istituzioni democratiche, diventa centrale il ruolo delle istituzioni di produzione, riproduzione e distribuzione simbolica del sapere – intendo, con questa definizione, i giornali, le televisioni, il cinema ma anche le scuole, i teatri e così via – le quali sottostanno alla formazione dell'opinione pubblica.

Jürgen Habermas, nel libro Storia e critica dell'opinione pubblica, mostra come la società capitalistica nel suo sviluppo abbia dissolto quella che lui chiama la Sfera Intima Familiare, la quale era uno dei presupposti della Sfera Pubblica Borghese in quanto luogo in cui il borghese diviene consapevole dell'umanità che è in lui e in tutti gli altri uomini. L'avvento della società capitalistica ha portato a delegare il ruolo di formazione e di interiorizzazione prima, nel corso del XVIII secolo, dalla donna allo Stato e poi, verso la metà del secolo scorso, alla televisione.
Ma la televisione non è adatta a svolgere questo compito pedagogico e formativo poiché, come diceva Pasolini, la televisione parla sempre dalla cattedra a dei consumatori passivi, addormentando la loro capacità di critica. In questo modo la Tv, nel momento in cui guadagna l'egemonia mediatica sulla massa, dissolve il principio di pubblicità e la sfera pubblica come luogo di dibattito razionale legittimante. Si sostituisce al confronto critico con un flusso di informazioni unidirezionali.

In questo senso, il filosofo statunitense John Condry definisce la televisione ladra ti tempo e serva infedele: rubando, in particolar modo ai bambini, il tempo per un contatto con la realtà, essa trasmette valori e fatti distorti, senza che lo spettatore possa rendersene conto. Secondo Karl Popper, la Tv è un potere politico colossale e la sopravvivenza della Democrazia è subordinata all'abuso di questo potere.
E' quindi un male la Tv in sé? Ovviamente no. Il problema è nella qualità della parola, nell'assunzione di responsabilità, nel rapporto tra informazione e formazione che passa attraverso la certificazione della verità. Quindi, concretamente, in quale modo la parola può opporsi al sonno, alla menzogna?

Karl Popper avanzava la proposta di istituire un albo, di modo che chiunque sia collegato alla produzione culturale debba avere una “patente”, una licenza conseguente ad un corso di addestramento e rilasciata in seguito ad un esame di accertamento, licenza che possa essere ritirata qualora si agisca in contrasto con certi principi fondanti, a garanzia della stabilità democratica.
Per proporre una soluzione valida oggi è tuttavia necessario considerare lo stravolgimento dell'universo dei media causato da internet. Internet non solo rende disponibile un'infinità di informazioni ma, inoltre, cancella tutti i gatekeeper – coloro che filtrano e rendono disponibili le informazioni – allargando l'accessibilità alla fruizione e alla produzione simbolica del sapere. In questo contesto, i giornali tradizionali avrebbero senso e futuro soltanto assumendosi la responsabilità di fornire gli strumenti di analisi adeguati a decodificare il flusso di informazioni e ritrovare il rapporto con la verità. E questa sembra effettivamente la direzione presa dai grandi quotidiani internazionali, come il New York Times o il Washington Post che, trovando economicamente insostenibile la stampa del tradizionale giornale cartaceo, puntano ora sull'online rafforzando il loro brand, la loro reputazione, la qualità dei contenuti – in contrapposizione alla scarsa qualità ed affidabilità della generalità dei contenuti ridondanti su internet.

E la televisione, come si pone di fronte alla novità data dall'interattività di internet? Allo stesso modo dei giornali, anche la Tv dovrebbe nella direzione della qualità dei contenuti e della parola, fermando la degenerazione causata dalla rincorsa all'audience. Ma così non è.

Al boom del web 2.0 spesso si collega una gran voglia di confronto critico e lo strutturarsi di una nuova sfera di dibattito razionale, molto più ampia di quella fino ad ora esistente e basata su altri presupposti – ad esempio senza il vincolo della proprietà intellettuale. Questa nuova sfera interattiva sembra essere dotata dei necessari meccanismi di autocorrezione (vedi il funzionamento di Wikipedia), i quali tuttavia necessitano a loro volta di un controllo vigile.
Ma è davvero legittimo quest'entusiasmo, considerando che l'80% degli italiani utilizza ancora come unica fonte di informazione la televisione? Le informazioni che girano in rete – per chi non ha capacità di ricerca critica particolarmente evolute che spesso la scuola non riesce a fornire – arrivano sempre e comunque dalle stesse agenzie stampa(*) che filtrano le infinite notizie quotidiane in circa 6'000 comunicati al giorno.

Insomma, qual'è il punto in cui va rotto il circolo vizioso tra disinformazione e formazione degenerata? E' sufficiente una rivoluzione tecnologica per rendere automatica una rivoluzione culturale, o vanno compiuti sforzi ulteriori, magari in altre direzioni?

Dario Pagnoni
22 anni
d.pagnoni@hotmail.com



* vorrei ricordare che le otto agenzie stampa che operano in Italia, con i relativi proprietari, sono: ANSA (finanziata al 50% dallo Stato), AGI (ENI), AP-COM (Telecom), RADIOCOR (Sole24h), AdnKronos (GMC), ASCA (Luigi Abete), Dire (Cooperative), Il Velino (PdL).

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