mercoledì 3 giugno 2009

In fuga dalla scuola e verso il mondo

di Simone Consorti


L’adolescenza è un periodo difficile da raccontare. In questo periodo le contraddizioni sono tante, come pure le tortuosità psicologiche.

Tutto ruota attorno al bisogno di dare risposte al bisogno di risolvere la propria ansia affettiva, cioè di avere qualcuno o qualcuna con cui condividere un pezzo di percorso della vita.

Valerio, il protagonista, è innamorato di Maria, che ha lasciato lui e la scuola e sta cercando una strada che la porti da qualche parte, che dia un senso alla sua vita. Ma Valerio non riesce a dimenticarla e a scuola è distratto, poco interessato, estraneo.

Qui va anche segnalata una fotografia della scuola che, seppure un po’ impietosa, è realistica. La scuola, oggi, non sa ascoltare i ragazzi, non sa cogliere le loro aspettative e dare una risposta. È un’istituzione che diventa sempre più un luogo di frustrazione per chi, come i giovani che la frequentano, ha tante domande, molta confusione nella testa, il bisogno di qualcuno che sia disposto ad aiutarli.

La stupidità di questi docenti, ripeto molto vicina a tanti personaggi che conosco, è insopportabile ed è legittimo domandarci come hanno finito per diventare insegnanti, soprattutto per la responsabilità che essi hanno nell’indirizzare gli studenti verso un futuro che può essere molto diverso a seconda di come essi hanno lavorato.

Ma anche Valerio fugge, va via da quella scuola che non fa nessuno sforzo per comprenderlo; va via da una famiglia nella quale il padre è assente; va lontano da ogni luogo che gli ricordi Maria.

Certo, qui non siamo a Viareggio o in Liguria, qui siamo a Torvaianica e lui finisce per lavorare alle marane.

Non ha molta importanza cosa faccia, se questa sia la strada giusta per costruirsi un futuro, e tutto l’armamentario della retorica di questi anni verso una generazione che non sa proprio cosa fare per dare un senso alla vita, specie se sei diverso, dimostri sensibilità e curiosità per il mondo che ti circonda.

Valerio, in tutto il libro, finisce per accumulare una notevole dose di rabbia, un altro sentimento tipicamente adolescenziale.

Insomma un bel libro, non una stupidaggine alla "Moccia", un libro che racconta come sono i ragazzi e ne esce un ritratto onesto, di chi li conosce, li ascolta. Un libro che potrebbe essere ambientato in tante parti e sarebbe comunque credibile perché i loro problemi sono uguali un po’ ovunque.

L'Arcilettore

www.arcilettore.it

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