sabato 13 febbraio 2010

Miopia nucleare

__________ di Angelo Rinaldi ____________________

Sembrava che con il referendum del 1987 tutto fosse concluso. E invece il governo Berlusconi torna a puntare sul nucleare. Lo fa senza consultare le Regioni né i cittadini. E tutto questo mentre Obama rilancia la green economy, e la Germania sta dimostrando di poter creare nuovi posti di lavoro con la produzione di pannelli solari. Perché allora l’Italia, con le sue 1.900 ore di sole all’anno, dovrebbe puntare sull’atomo invece che sulle energie rinnovabili?

Al problema il governo non è affatto interessato. E sembra invece deciso ad andare avanti, e a fare in fretta. Larghissimo il fronte delle opposizioni: oltre ai partiti del centro sinistra e alle associazioni ambientaliste, ha detto no a fine gennaio la Conferenza delle Regioni – favorevoli solo Lombardia,Veneto e Friuli Venezia Giulia, e ha ribadito la sua opposizione la Cgil, che ha deciso di affiancare il Comitato SI alle energie rinnovabili NO al nucleare.

La scelta del governo, peraltro, presenta anche molte incongruenze. L’esecutivo pensa di coprire con le centrali il 25 per cento del fabbisogno elettrico. Ma sarà molto difficile trovare un’impresa privata disposta a investire oltre 5 miliardi di euro per un impianto Epr da 1600 Mw. I ritardi nella costruzione dell’ultima centrale in Finlandia hanno portato a un aumento dei costi del 50 per cento, e questo deve farci capire che anche in Italia i tempi di realizzazione si allungheranno e i costi lieviteranno rispetto alle previsioni iniziali.
Non solo il governo finge poi di ignorare che il nucleare determinerebbe comunque una dipendenza simile a quella che viviamo oggi con il petrolio. Anche per le centrali nucleari, infatti, il combustibile non è infinito, anzi si stima che allo stato attuale dei consumi possa durare dai quaranta ai sessant’anni, senza contare che i costi dell’uranio negli ultimi anni sono aumentati vertiginosamente”. Un’altra questione estremamente importante è quella dello stoccaggio delle scorie. La rivolta dei cittadini di Scanzano Jonico, in Basilicata – era il novembre 2003 –, avrebbe dovuto insegnare qualcosa. Ma, come per la localizzazione delle centrali, il governo non dà nessuna informazione ufficiale nemmeno sul sito che sarà adibito alla raccolta delle scorie.

l’Italia non è riuscita ancora a smaltire le centinaia di tonnellate di scorie prodotte dalle vecchie centrali, chiuse dopo il referendum dell’87.

La tecnologia di terza generazione, quella che si dovrebbe adottare da noi, ormai è morta e non l’hanno uccisa gli ambientalisti ma il mercato. Vorrei sapere chi, in Italia, si proporrà per costruire una centrale nucleare. In un mercato liberalizzato nessuna impresa si farà avanti perché i rischi sono troppo alti.

L’alternativa non può essere altro che investire nelle energie rinnovabili. Solo per citare alcuni studi, il Global Windy Energy Council stima che l’industria eolica è in grado di creare 2,1 milioni di posti di lavoro nel 2030, mentre l’European Photovoltaic Industry Association prevede che nel 2020 a livello mondiale circa 2 milioni di persone avranno trovato occupazione nel fotovoltaico. “Trattandosi di un settore relativamente nuovo esiste l’occasione, unica, di creare un indotto non solo di piccole e medie imprese ma anche di grandi imprese, capaci di competere sul versante tecnologico grazie alla ricerca. Per l’industria italiana è un’opportunità da non mancare. Questi dati basterebbero a smentire quanto detto da Scajola sulle positive ricadute occupazionali del nucleare, ma il progetto del ritorno all’atomo dovrà scontrarsi anche con i rischi della tecnologia, ormai obsoleta, con cui vengono progettate le centrali.

Angelo Rinaldi

3 commenti:

  1. Ho letto un articolo tempo fa su una rivista di ingegneria di Brescia. Non avendo più la rivista ho cercato in internet e ho trovato il pdf. Lo trovate a questo link "http://www.inntec.it/it/dettaglio_rivista.php?id=441" Chi è interessato può leggere l'articolo di Aldo Zenoni. E' stato mio docente di fisica a inge e mi sembra uno che sa il fatto suo.
    Dice cose diverse rispetto a quelle riportate nell'articolo.
    Non so se abbia ragione o no, il discorso sul nucleare è sempre un po' delicato, più che altro è difficile avere delle informazioni certe in fatto di tecnologia, costi e rischi da cui poter trarre delle valutazioni obiettive.
    Lo riporto per dare un'altro punto di vista all'argomento.
    Ciao
    Fabio

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  2. Non voglio minimamente schierarmi a favore o contro la costruzione di centrali atomiche e alla produzione di energia tramite l'uso di queste ultime anche se ovviamente anche io ho la mia opinione. Ma tanta confusione al proposito la trovo anche nelle tue idee specialmente quando, per avvalorare le tue tesi, prendi a riferimento non una persona qualsiasi ma nientemeno che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama che la pensa esattamente AL CONTRARIO.

    Forse, prima di fare certe considerazioni, dovresti informarti meglio, che ne so guardando uno dei molti tg oppure leggendo un quotidiano che non sia esclusivamente e palesemente di sinistra.

    Dal giornale di Brescia del 17/02/10: Obama: il nucleare utile a lavoro e clima, il presidente annuncia la costruzione di 2 nuove centrali e di un investimento di 8 miliardi "ma assicura Obama, è solo l'inizio" visto che triplicherà questa cifra.

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  3. caro luigi
    se hai tempo leggi quanto scritto qui sotto sul sole 24 ore.
    sui giornali da leggere
    "se possibile" preferirei decidere da solo.
    buona serata
    angelo rinaldi
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    La new “Green Economy”
    In America, complice la grande crisi che sta mettendo in ginocchio l'intera economia, dopo mesi di rialzi del costo del petrolio e allarmanti notizie sui cambiamenti climatici, la problematica energetica ha guadagnato il privilegio e l'onere di diventare argomento cruciale per l'americano medio che, anche con questi risultati elettorali, ha dimostrato di chiedere un cambiamento di rotta chiaro. Tra le priorità annunciate da Obama c'è invece l'esigenza di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili di paesi instabili attraverso lo sviluppo di fonti di energia alternative, sostenuto da un fondo di 150 miliardi di dollari per il prossimo decennio. Non solo. Il piano è più ambizioso: ridurre le emissioni dell'80% entro il 2050, con costi per le aziende inquinanti ma con innegabili ritorni per le famiglie e per l'economia in generale. C'è la volontà di investire nella rete di trasporto pubblico, di ridurre la bolletta energetica in capo a famiglie ed aziende ma anche di aumentare l'occupazione, grazie alla creazione di nuovi di posti di lavoro nei settori green (bio-carburanti in primis). Una sinergia tanto più promettente perché si può basare sulle quelle che sono da sempre i punti di forza del sistema industriale americano: ricerca, innovazione, imprenditorialità. È un primo passo, un passo nella direzione giusta. Ma attenzione agli entusiasmi troppo facili: per vincere la sfida che abbiamo di fronte, per rallentare il cambiamento climatico rendendolo compatibile con la sopravvivenza della nostra società, bisogna fare di più. Jeremy Rifkin, il presidente della Foundation on Economic Trends, accoglie con prudente soddisfazione l'annuncio della nuova politica energetica di Obama. Sempre secondo Rifkin, oltre alle centrali elettriche bisogna puntare sugli altri due pilastri della terza rivoluzione industriale. Prima di tutto intervenire sugli edifici non solo per limitare gli sprechi ma per compiere un salto tecnologico più impegnativo. Case e uffici devono produrre energia, non consumarla. Ormai la tecnologia per arrivare a questo risultato è a portata di mano: coibentazione, pannelli solari che avvolgono l'edificio, geotermia, energia dai rifiuti e anche il mini-eolico faranno sì che le case si trasformino in micro centrali elettriche. Lovins è convinto che anche nella produzione energetica la rivoluzione sia già a buon punto. Un sesto della produzione mondiale di elettricità e un terzo di quella installata nel 2007 è derivata dalla microproduzione. Un dato che in pochi capiscono. La cogenerazione e le rinnovabili nel 2005 hanno aggiunto alla produzione mondiale quattro volte la quantità di elettricità immessa e undici volte la capacità di generare elettricità del nucleare, ma i fan dell'atomo continuano a dire che sono cifre piccole, limitate, e che ci vorranno decenni perché siano competitive. (Dal Sole 24 Ore)

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